di Maria Cinque
Diverse sono le definizioni di gruppo. Per Lewin (1948) il gruppo è una totalità dinamica, i cui membri sono interdipendenti tra loro. Successivamente Bion (1961) mise in evidenza che nel gruppo agiscono contemporaneamente due dimensioni: quella razionale/produttiva e quella inconscia/affettiva. Per Quaglino, Casagrande e Castellano (1992), il gruppo è una pluralità in interazione, con un valore di legame che ne determina l’emergenza psicologica. Pluralità, interazione e legame producono a loro volta l’emergenza sistemica di ciò che definiamo come gruppo. In estrema sintesi, alcune caratteristiche definitorie di gruppo sono: l’interdipendenza e la strutturazione di legami; la condivisione di credenze, norme, valori fondanti le relazioni interne ed esterne; l’esistenza di un obiettivo comune/condiviso; la disponibilità dei componenti a porre al servizio del gruppo le proprie capacità e competenze per raggiungere l’obiettivo.
I gruppi possono essere classificati in base a diversi criteri, tra i quali:
- l’intensità della relazione (gruppo primario, unito da vincoli personali e da interazioni di tipo affettivo / emotivo, come per es. la famiglia; gruppo secondario, caratterizzato da rapporti impersonali, formali e/o contrattuali, creato per finalità produttive e pratiche, come per es. le associazioni professionali, lo Stato);
- il livello di formalizzazione (gruppi formali e informali);
- la durata (gruppi permanenti o temporanei);
- la dimensione (gruppi piccoli e grandi).
Nel momento in cui si pone il fine di produrre qualcosa (bene o servizio) il gruppo si trasforma in ‘gruppo di lavoro’ che tende gradualmente a integrare i legami psicologici, nonché a equilibrare le somiglianze e le differenze, in vista del raggiungimento di un obiettivo. Se nel gruppo tout court l’elemento distintivo è l’interazione, nel gruppo di lavoro l’aspetto fondante è l’integrazione (Quaglino, Casagrande e Castellano, 1992), ovvero se in una prima fase, per creare un gruppo è necessario uniformare alcune divergenze per raggiungere una certa coesione, in una seconda fase, per creare un gruppo di lavoro, occorre negoziare le differenze, integrandole senza annullarle.
Il team work in azienda
L’importanza e le caratteristiche del lavoro di gruppo nelle aziende sono mutate in funzione del cambiamento dei criteri di successo delle organizzazioni: da un criterio di efficienza, basato sull’ottimizzazione dei costi e sulla minimizzazione dei tempi di esecuzione, si è poi privilegiata l’efficacia, con accento sulla qualità del prodotto, sulla puntualità dei tempi di esecuzione e dei tempi di risposta alle esigenze del cliente, per poi passare al concetto chiave di flessibilità. Quest’ultima agisce nelle organizzazioni a vari livelli (strategico, strutturale, operativo, gestionale) ed è finalizzata ad aumentare l’integrazione e l’interfunzionalità, eliminando le strutture eccessivamente gerarchiche, i sistemi di produzione delle idee non orientati ai contributi di tutti, le carenze di comunicazione interna. Integrazione e interfuzionalità significano per il singolo individuo che lavora in azienda innanzitutto guardare più ai processi su cui si opera piuttosto che ai compiti assegnati e ai confini posti dalla struttura, collaborare con gli altri come parte di una stessa squadra, capire la relazione e la gerarchia tra i diversi ordini di obiettivi, essere disponibili ad ascoltare e comunicare con efficacia. A livello di organizzazione del lavoro, integrazione e interfunzionalità significano passare dalla gerarchia strutturale ad un lavoro per team, ovvero a un organizzazione trasversale fondata su gruppi di lavoro e processi; da compiti a obiettivi (con ruoli più discrezionali e fondati sulle competenze professionali), con una maggiore spinta verso la responsabilità e l’impegno dei singoli, nonché verso un ampliamento delle loro competenze professionali.
La costruzione del gruppo di lavoro e la gestione dei ruoli
Un gruppo di lavoro è un gruppo nel quale gli individui condividono un comune scopo e nel quale compiti, responsabilità, capacità e know-how di ciascuno si integrano con quelle degli altri. Nei gruppi di lavoro c’è necessità di equilibrio tra bisogni individuali, bisogni del gruppo e finalità dettate dall’organizzazione. L’obiettivo è il primo riferimento per la fondazione del gruppo di lavoro. Il gruppo deve chiarirlo, comprenderlo e farlo diventare proprio. Le persone lavorano meglio in gruppo se conoscono e condividono gli obiettivi del gruppo, sentono di contribuire ai risultati e li possono verificare, si sentono accettati e rispettati dagli altri. Il passaggio dall’interazione (gruppo) all’integrazione (gruppo di lavoro) si realizza attraverso la definizione e la condivisione di alcuni aspetti del lavoro: obiettivi, conoscenza metodologica, piano di azione, risorse, motivazione al successo. Se manca anche uno solo di questi elementi, non è possibile ottenere risultati veramente eccellenti. Le caratteristiche di un team vincente sono secondo Blanchard, Randolph e Grazier (2007): senso dello scopo, comunicazione aperta, fiducia e rispetto reciproco, leadership distribuita, procedure di lavoro efficaci, costruire sulle differenze, flessibilità e adattabilità, apprendimento continuo.
Il test MBTI
Al raggiungimento dei risultati contribuiscono ovviamente le diverse personalità dei partecipanti e i ruoli che essi assumono. Un test molto utilizzato per la formazione dei gruppi è l’MBTI (Meyers Briggs Type Indicator), creato da Isabel Briggs Myers e da sua madre, Katharine Cook Briggs, sulla base della teoria dei tipi psicologici di Jung (1923). Lo strumento si basa sull’assunto che le preferenze sono determinate da una disposizione interna e le differenze tipologiche producono differenze negli interessi, nei valori e nelle tecniche di soluzione dei problemi che possono facilitare o ostacolare le relazioni tra persone. L’MBTI mira ad accertare le preferenze di base di una persona misurandone i tratti attraverso la combinazione di quattro indici scelti tra quattro coppie di opposti che riguardano il i recupero delle energie (Introversione/estroversione), la modalità di ragionamento (sensorialità/intuizione), la maniera di prendere le decisioni (pensiero/sentimento), la modalità di trattamento delle informazioni (percezione/giudizio). L’MBTI è spesso utilizzato per ‘mappare’ le differenze all’interno di un team e per identificare modalità di integrazione tra i componenti del gruppo. Riguardo ai ruoli, uno studio condotto dal ricercatore britannico Richard Meredith Belbin (2004) ha messo in luce che non è il quoziente intellettivo dei partecipanti o l’affinità tra le loro personalità a determinare il successo di un team. La sua teoria, denominata dei team roles, spiega che è il giusto mix di diverse attitudini e tendenze comportamentali all’interno del team che costituisce il fattore determinante dell’efficacia di un team. I ruoli individuati da Belbin sono: innovatore (il pensatore creativo del team), integratore (colui che esplora opportunità e contatti), modellatore/guida (colui che cerca sfide e ottiene le cose), realizzatore (colui che gestisce i piani e le idee), coordinatore (che aiuta i membri del team a chiarire le intenzioni e riassumere ciò che tutti vogliono), analista (che analizza e valute le situazioni e le cose), rifinitore (che cura i dettagli e porta a compimento i progetti), specialista (colui che fornisce le conoscenze su un argomento specifico), aggregatore (concentrato sulla creazione di una piacevole atmosfera e senso di solidarietà). La teoria di Belbin non implica che un team debba essere composto da nove membri, ognuno con un ruolo diverso. Infatti, la maggioranza di noi è capace di essere efficace in più di un solo ruolo. Secondo Belbin la dimensione ottimale di un team è fra cinque e sette membri. Una maniera divertente di indicare questo stesso principio è quella di Jeff Bezos, fondatore e CEO di Amazon, che ha inventato la cosiddetta two-pizza rule, la regola delle due pizze, in base alla quale il team ideale è composto da numero di persone che possono essere ‘sfamate’ con due pizze … Ovviamente tutto dipende dalle dimensioni delle pizze e dall’appetito dei partecipanti!
Giochi d’integrazione
Uno dei giochi d’integrazione consiste nel costruire in gruppo una ‘navicella’ di atterraggio per un uovo, facendo in modo che l’uovo non si rompa. Per tutto il tempo di costruzione del veicolo, i partecipanti non possono parlare: hanno quindi bisogno di trovare modi alternativi di comunicazione come la gestualità o la scrittura. Nonostante la difficoltà del compito, i partecipanti scoprono che è possibile trovare una soluzione e spesso, nella realizzazione del progetto, emerge un leader. Alla fine dell’esercizio i partecipanti sono incoraggiati a riflettere sul processo di leadership e sulle qualità e competenze che un buon leader deve avere.
Un altro gioco d’integrazione consiste nel costruire un ponte tra due sedie o due tavoli abbastanza forte da sopportare il peso di una macchina giocattolo o di una pallina. I partecipanti hanno solo cinque minuti per decidere il modo migliore per costruire il ponte. Dopo aver completato l’esercizio, hanno la possibilità di analizzare i problemi sono sorti durante il processo, comprese le decisioni adottate e le ipotesi scartate.
Un altro tipo di un gioco molto diffuso coinvolge le abilità comunicative. A un partecipante viene dato un oggetto di piccole dimensioni, per esempio un pezzo di cancelleria, e deve fornire una descrizione di esso al resto del gruppo, che deve disegnarlo senza vederlo.
Riferimenti bibliografici
Blanchard, K., Randolph, W.A., Grazier, P. (2007) Un, due, tre… squadra! 3 passi per creare un team vincente, trad. it Sperling & Kupfer, 2009
Bion, W.R. (1961). Esperienze nei gruppi, trad.it., Armando, 1971
Lewin, K, (1948). I conflitti sociali, trad. it., Franco Angeli, 1972
Meredith Belbin, R. (2004), Management Teams: Why They Succeed or Fail. Butterworth Heinemann
Quaglino, G.P., Casagrande, S., Castellano, A. (1992). Gruppo di lavoro, lavoro di gruppo, Raffaello Cortina.