di Stefano Graziosi
In base alla Costituzione americana, l’impeachment è un processo volto a rimuovere dal proprio incarico il presidente, il vicepresidente e tutti i funzionari civili. Ne consegue che questo tipo di procedimento non dovrebbe riguardare i privati cittadini. Nello specifico, l’impeachment si rivolge a esponenti del potere esecutivo e a giudici (ricordiamo che, negli Stati Uniti, i giudici sono nominati dal presidente degli Stati Uniti previa ratifica del Senato). Soggetti ad impeachment non sono invece i componenti del Congresso (secondo quanto stabilito dal Senato nel 1799). Ricordiamo che la messa in stato d’accusa non è un processo penale, ma attiene al potere legislativo. Tale processo viene infatti istruito dalla Camera dei Rappresentanti (a maggioranza semplice) e celebrato dal Senato (dove, per arrivare a un verdetto di colpevolezza, sono necessari i due terzi dei voti).
I tre presidenti in stato d’accusa
Ad oggi, sono tre i presidenti ad essere finiti in stato d’accusa. Andrew Johnson (nel 1868), Bill Clinton (nel 1998), Donald Trump (nel 2019 e nel 2021). Trump è al momento l’unico presidente della storia americana ad essere finito sotto impeachment per due volte. Da rilevare che Trump sia stato messo in stato d’accusa dalla Camera il 13 gennaio 2021, ma che il processo al Senato risulti ancora pendente (nonostante il diretto interessato sia diventato nel frattempo un privato cittadino il 20 gennaio 2021): si è aperto così un dibattito tra i giuristi se un ex presidente possa subire un processo d’impeachment. Differente è invece il caso di Richard Nixon, dimessosi subito prima che la Camera dei Rappresentanti votasse per metterlo in stato d’accusa (agosto 1974). Ad oggi, nessun inquilino della Casa Bianca ha subìto una condanna in Senato.
L’iter dell’impeachment
Solitamente l’impeachment è preceduto da un’indagine, che deve produrre un rapporto. Nel 1974 e nel 1998 tale rapporto venne redatto da un procuratore speciale. Nel caso del 2019, il rapporto fu invece elaborato dal partito avverso a quello del presidente in carica. Una volta che l’impianto accusatorio è formulato, la commissione Giustizia della Camera deve redigere e votare i capi d’imputazione (i cosiddetti “articoli d’impeachment”). I capi d’imputazione approvati dalla commissione Giustizia devono essere poi votati (a maggioranza semplice) in plenaria. Una volta che i capi d’imputazione sono approvati dall’aula, la Camera dei Rappresentanti deve formalmente trasmetterli al Senato, dove – come si diceva – il processo viene celebrato. Nel caso l’imputato sia il presidente degli Stati Uniti, a presiedere il processo sarà il giudice capo della Corte Suprema. Come già detto, per arrivare a una rimozione è necessario un quorum dei due terzi dei voti. La prassi parlamentare ha inoltre stabilito che, in caso la rimozione abbia successo, il Senato possa tenere una seconda votazione (a maggioranza semplice) per interdire l’imputato dai pubblici uffici.
Impeachment: quando?
La Costituzione sostiene che l’impeachment si renda necessario in caso di “tradimento, corruzione o altri alti crimini e misfatti”. La genericità dell’espressione “alti crimini e misfatti” ha aperto un lungo dibattito tra i giuristi, per evidenziare quali comportamenti illeciti siano effettivamente meritevoli di una messa in stato d’accusa. Da una parte, c’è chi dice che, per essere sottoposto a impeachment, un presidente debba aver commesso un reato esplicitamente presente nel codice penale: tra l’altro, non un reato qualsiasi ma un reato grave (“alto”, per l’appunto). Dall’altra parte, c’è invece chi sostiene che l’impeachment non richieda necessariamente un atto penalmente rilevante e che possano in realtà bastare comportamenti controversi. Va da sé che una simile interpretazione (priva di un parametro oggettivo a cui ancorare la messa in stato d’accusa) favorisca il rischio di una politicizzazione dell’impeachment.